| Non gliene importa più niente. A nessuno. Ma quel mattino del 27 gennaio 1945...era mattino? Sì, erano le 4,22 del mattino. Non c'era più nessuno a controllare gli ammalati di tifo petecchiale, non c'era più nessuno a "finire" a manganellate i "muzulmaner". C'era soltanto la nebbia a mangiucchiare il colore dei numeri. 174517 era quello di un mio amico. Di un mio fratello. Lui ormai era convinto che il freddo l'avrebbe finito ugualmente. Tanto valeva camminare a piedi nudi. Era un peccato, pensava, avercela fatta per niente. "Sai nen se l'è mej", non so se è meglio, pensava il mio amico, morire di un colpo o lasciarsi morire. Però alle 4,22 arrivarono i russi. E il mio amico alzò il pugno chiuso a salutarli. Non gliene importa più niente. A nessuno. Ma 174517 ritornava ad essere un uomo. Abbiate pazienza, cercate di capire. Voi che disprezzate il ricordo, voi che non leggete, voi che confondete Ebrei ed israeliani...abbiate pazienza. Perdonate questa emozione così antica e privata. Si può immaginare la gioia di qualcuno che ... torna a sperare di vivere? Sì. Basta pensare, per un solo momento, badate, al buio. Ecco, immaginate che il buio si protragga non già per una notte, bensì per 20, 30 giorni ... e sono pochi. Ma bastano a dare l'idea. Poi un fiammifero acceso. Abbiate pazienza, abbiate sopportazione ancora una volta, voi. Voi che non sapete, voi che dimenticate in fretta, voi che dite di avere letto soltanto una volta a scuola quel passo. Cercate di capire. Si comprendono anche le esigenze riproduttive dei vegetali. Forse è lecito lasciar ricordare anche noi. 174517 era rimasto. Dopo il freddo, la fame, il dolore, dopo tutto. Era rimasto vivo.
Non credete a chi parla e traccia destini nel vuoto. Nonostante tutto ciò che seguì, e fu tanto, egli morì da uomo, in fine. Da uomo libero.
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