| Se torno indietro con i miei ricordi, non credo di non essermi mai trovata – fortunatamente o meno – di fronte ad una scelta d’amore così come tu la intendi, ainda. Nessun sacrificio per salvare una vita né, tantomeno, la donazione del sangue che non posso purtroppo permettermi per continui sospetti di anemia.
L’unica cosa che posso scrivere, come manifestazione continua di una solidarietà che mi appartiene, è l’amore per gli animali. E allora qui sì, posso, ma solo come testimone, raccontare una scelta d’amore immensa.
Ho lavorato per un periodo in una città del nord. Sola, e lontana dalla mia famiglia e dai miei progetti reali, le giornate avevano un senso scarso, insoddisfacente.
Sapevo già dell’esistenza di quel gattile ma immaginando le condizioni in cui avrei trovato i miei zampette&fusa non ho mai voluto visitarlo.
Ogni passeggiata sul lungomare terminava lì, davanti a quel portone verde di fronte al quale non trovavo mai la forza di suonare il campanello e varcare la soglia, la stessa su cui immaginavo stampato a caratteri cubitali una sorta di monito dantesco “lasciate ogni speranza o voi che entrate”
E così passavano i giorni e i mesi; arrivavo lì davanti e mi fermavo.Per giorni e per mesi. Fin quando un giorno,dopo aver superato di molti metri quel cancello decisi di tornare indietro pensando : “ se incrocio qualcuno che bussa al mio posto entro anche io” Per la prima volta, a venire incontro alla mia esitazione, arriva una coppia che, finalmente, parandosi davanti a me come se quasi non esistessi suona quel campanello.
Il custode stava per chiudere la porta e non so con quale forza , perché ricordo di non averci neanche pensato, sono entrata.
Ho incontrato il mio mondo, quello a cui ritengo di appartenere davvero.Un mondo di sofferenza in cui la libertà è un miraggio, così come lo spazio delle cellette che custodiscono i segreti immensi di divinità con i baffi e la coda.
Ho cominciato a visitare ogni gabbia, quelle più grandi con addirittura 60/70 micetti dentro; quelle con i cuccioli, quelle, orribili, ricoperte di lenzuoli e piumoni per isolare gatti ammalati o terminali.
Era una violenza che facevo a me stessa ma era da lei che ogni volta traevo la linfa per irrorare le mie giornate di un senso reale che dava loro gioia.
Il gattile divenne un impegno quotidiano.
All’inizio sedevo semplicemente per terra a coccolarli, girando da un “giardino” all’altro per farmi conoscere e per conoscere io loro.
Poi ho cominciato a dar loro da mangiare, a rassettare divani, cucce&lettini,a lavare coperte e lenzuola su cui erano adagiati, a pulire le gabbiette portandomi da casa per km interi a piedi il peso delle loro sabbioline nuove.
Poi ho cominciato a fare le bolle di sapone. Era impensabile che cuccioli di quella bellezza, di quell’anima, dovessero nascere e morire in quel posto aspettando qualcuno che, pietoso, decidesse di adottarli o senza che avessero mai visto i colori di un arcobaleno, chiusi com’erano nelle loro gabbie senza cielo… Era una sensazione immensa e bellissima, ogni volta. Guardavano quelle strane sfere colorate con tutti i loro musetti all’insù e mentre provavano a toccarle con le zampine quelle bollicine dispettose si volatilizzavano sui loro nasini umidi! “Che magia è mai questa” avranno pensato!
Poi ho scoperto la sofferenza di quelli ammalati.
Ammalati nel cuore di nostalgia per padroni bastardi che li avevano allevati e poi miseramente abbandonati. Ammalati nel corpo di fiv, di fip, di bronchite cronica, rinite, ogni tipo di leucemia che, in un ambiente così piccolo e pieno di “ospiti” erano più facilmente trasmissibili da soggetto a soggetto.
Ne ho conosciuti, coccolati e poi visti ammalare e morire tanti. Così..corpicini senza vita che non erano mai stati liberi di seguire l’odore del mare che gli viveva proprio accanto.
Ma ci pensate? Vivere di fronte al mare e non poterlo ammirare…
Ho conosciuto un mondo di volontari da cui sono stata trattata malissimo (“chi si crede di essere quest’ultima arrivata”) ma che se alzavano alle 5 di mattina per recarsi dai loro piccoli amici e medicare ferite, fare siringhe, somministrare antibiotici, seppellire corpi senza più vita o magari di una vita diventata ormai la seconda, la terza, la quarta…spero però libera e migliore.
La responsabile di quel posto che definire purgatorio è spontaneo, un luogo di attesa tra il bene ed il male, ha più di 80 anni e da circa 20 ha sacrificato ogni suo giorno, ogni sua ora, ogni sua vacanza, ogni suo bene, ogni suo gioiello, ogni suo affetto a quello, incommensurabile, per quegli animaletti a 4 zampe che quando la sentono arrivare, ogni mattina presto, puntuale come la luce del giorno, credo vibrino di una speranza nuova. Mangiare di qualità, tante coperte, ma pochissimi volontari e pochissima partecipazione della “civiltà bipede”
Mi diceva: “Loredana, tu credi che la libertà per i gatti sia tutto e invece no.Se li lasciassimo liberi molti non saprebbero trovare il cibo per sfamarsi, altri finirebbero investiti dai mezzi che noi umani usiamo sconsideratamente, molti altri arriverebbero in mani sconosciute incapaci di gesti gentili. L’amore è in quello che fai per loro e loro lo sanno. Queste mura li proteggono, li ascoltano, sono la loro casa, tutto ciò che desiderano. Le coccole? Beh quelle se si può si fanno, proprio fai tu che hai dato un nome a tutti e che li accarezzi per ore. Però ricordati una cosa: Questo posto ti insegnerà a capire che forse Dio non esiste. Perché non ho mai visto tanto male al mondo come quello che raccontano le storie dei micini che abbiamo qui,”
Aveva ragione.
Era una professoressa stimatissima; ricca e molto bella.
Ora è una vecchietta sola, ma che in tutti i mesi che io ho vissuto lì, inverno, primavera o estate che fosse, non ha mai, mai, mai, lasciato passare un solo giorno senza trascorrere in quel gattile 10/12 ore della sua giornata, a fare 15/20 lavatrici per sterilizzare tutto, per sfamare, mettere colliri, dare medicine a chi è nato re ma viene trattato da suddito.
Ripeto sempre che non ero io la volontaria ma che erano i micini che facevano i volontari con me, sopportando le mie parole e le miei barcollanti certezze di umana.
Vedi ainda, penso che il gesto d’amore sia anche qui. Ogni volta che sorrido ad una persona triste o che appoggio la mano sulla spalla di un “mendicante” mentre con l’altra gli lascio 1 euro nel cappello della miseria. Anche se vorrei sempre fare tanto ma tanto di più…
Gesti semplici, quotidiani, che certo nulla hanno a che vedere con impegni d’amore ben più grandi e irraggiungibili…ma sono proprio queste piccole verità che fanno cadere l’incrollabile potenza degli dei.
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